Chi è genitore sa che le liti coi figli sono all’ordine del giorno! Superata la prima fase di luna di miele nella quale il nostro piccolo cucciolo d’uomo è inerme, a volte silenzioso e non in grado di esprimersi verbalmente, si arriva ben presto all’anno e in maniera repentina alla famigerata età dei 2 anni. Da qui iniziano le vere e proprie liti coi figli, che sono alla ricerca della propria identità e lo fanno proprio ribellandosi e opponendosi. L’abilità del genitore sta nel fronteggiare le provocazioni e le liti coi figli senza farsi ingaggiare troppo e al tempo stesso comunicare al figlio che lo si ama a prescindere dal suo essere ribelle!
È qui che entrano in gioco le EMOZIONI nelle loro molteplici sfaccettature ed espressioni.
All’inizio il bambino esprime ciò che sente soprattutto con il corpo e con i comportamenti, crescendo impara anche a dare un nome alle proprie emozioni.
Ciò che io propongo e la vera sfida che vi lancio è quella di risolvere le liti coi figli imparando prima di tutto a comprendere le nostre emozioni, subito dopo quelle dei nostri bimbi per poi gestirle al meglio!
Quando si innescano delle liti coi figli il primo lavoro da attuare è metterci in ascolto dei nostri stati d’animo. La domanda iniziale a cui dobbiamo rispondere è: “Cosa provo?”; la successiva è “su una scala da 0/10 quanto sono attivato? Quanta rabbia/tristezza/impotenza sento?”.
Una volta che abbiamo compreso l’evento che ci ha agganciato nel passato, possiamo cercare di prenderne le distanze, ricordando a noi stessi che ora, nel momento presente, siamo degli Adulti e non più il bambino che è stato deriso, maltrattato, umiliato. Tutto ciò ci aiuterà sicuramente a ridurre l’attivazione emotiva e la sofferenza sperimentata.
Una volta che siamo riusciti a regolare le nostre emozioni e a tranquillizzarci, dobbiamo cercare di comprendere al meglio lo stato d’animo di nostro figlio e che cosa sta cercando di comunicarci attraverso la lite.
Cerco di analizzare con distanza la situazione che si è creata, ciò che mio figlio vuole comunicare e mi chiedo: “perché nascono sempre delle liti con lui in questa situazione particolare?”.
Cerco di prestare attenzione non solo alle sue parole, ma anche al tono di voce, alla mimica facciale e al comportamento non verbale nella sua totalità.
Provo cioè a immedesimarmi in lui e mi chiedo: “se io fossi nella sua situazione cosa proverei? Forse mi sentirei triste/arrabbiata/impotente…”.
Cerco di restituire a mio figlio in maniera sintetica sia i concetti e le parole comprese che gli stati d’animo che ho notato. Tale azione va accompagnata sempre alla richiesta di conferma se quanto detto corrisponda al vero, per essere certi di aver compreso a fondo e con esattezza il problema.
L’obiettivo è sia quello di risolvere il problema esistente alla base delle liti coi figli, sia di ritrovare un clima di serenità e di amore in famiglia.
Supponiamo di avere un figlio di 10 anni, Luigi, che pur andando abbastanza volentieri a scuola, odia fare i compiti e ogni volta che deve mettersi e svolgere a casa dei lavori si oppone e ribella costantemente. Capiamo molto bene quanto sia facile che si inneschi una lite genitore-figlio, nella quale il primo urla e cerca di imporre i compiti, il secondo difensivamente non fa che allontanarsi dagli stessi, da cui il nascere e il permanere di un approccio allo studio negativo e disgustoso, conosciuto altrimenti come l’incubo dei compiti.
Il primo lavoro da effettuare, come detto in precedenza, è quello di analizzarci e chiederci cosa proviamo e con che intensità.
Supponiamo che le continue liti coi figli ci facciano arrabbiare, ma che tale emozione sia poco intensa (intensità uguale a 3). In tal caso è sufficiente provare a fermarsi e accogliere l’emozione della rabbia, per poi lasciarla andare. Se vogliamo possiamo ricorrere a qualche tecnica di rilassamento rapida, ad esempio chiudendo gli occhi e rallentando i cicli di respiro finché ci sentiamo in armonia con noi stessi e di conseguenza con il mondo circostante.
Se la rabbia sperimentata è piuttosto forte (intensità 7/8) mi domando: “la rabbia che provo così intensamente quando l’ho sperimentata in passato da bambina”? Se mi concedo del tempo, magari avrò accesso a dei ricordi della mia infanzia che potranno illuminarmi. Ad esempio, potrebbe venirmi in mente che da bimba ero spesso arrabbiata con i miei genitori e con tutti gli adulti: era l’unico modo per farmi vedere! Probabilmente quindi le continue liti coi figli mi attivano molto perché non mi sento ascoltata come allora. Una volta effettuato questo passaggio posso cercare di calmarmi e dire a me stessa che ora sono Adulta, non ho più bisogno di reagire così intensamente ma posso trovare una strada alternativa.
Ora che sono più tranquilla posso notare che dietro gli scoppi di rabbia di mio figlio probabilmente si nasconde molta sofferenza e disagio.
In una situazione in cui nasce la lite con mio figlio e lui si arrabbia perché non vuole fare i compiti, noto anche dal suo modo di atteggiarsi che è molto teso e nervoso. Mentre lo osservo con atteggiamento non giudicante Luigi mi guarda e mi comunica che è molto stanco, ha solo voglia di giocare, senza far nulla in particolare, perché è troppo impegnato durante la settimana e non ha mai tempo di rilassarsi.
Provo a mettermi nei panni di Luigi e gli comunico quanto sento: “oh Luigi, in effetti ti sento e ti vedo piuttosto stanco e nervoso ultimamente…sei molto impegnato ora che ci ragiono dopo la scuola…forse se fossi al tuo posto mi sentirei anch’io così…”
Il passo successivo è di integrare quanto ho sentito con il problema presentato, chiedendo conferma all’altro di aver capito bene la situazione: “se capisco bene, quindi, tu mi stai dicendo che ti senti troppo carico di impegni anche dopo la scuola, non hai mai tempo di giocare liberamente e per tanto quando arriva il fine settimana non hai voglia di fare i compiti perché li vivi come l’ennesimo impegno che ti toglie del tempo per te stesso…..è giusto?”. Se quanto abbiamo compreso ci viene confermato possiamo passare all’ultimo step, in caso contrario proviamo a riformulare il tutto fino ad arrivare ad una comprensione condivisa del problema.
Questa è la fase più creativa e a volte stimolante. Nel caso di Luigi la mamma potrebbe proporre alcune strategie quali ad esempio ridurre gli impegni se possibile nell’immediato se no dal semestre successivo. In più potrebbe proporre di affrontare alcuni compiti insieme divertendosi, puntando non tanto sul dovere, quanto sul bello dell’imparare alcuni argomenti che magari possono essere utili concretamente in futuro.
Che ve ne pare?? Ricordiamoci, quindi, che se impariamo ad ascoltare le emozioni, avremo una marcia in più per risolvere con serenità le liti coi figli, che ci mettono costantemente a dura prova!
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A presto!
Dott.ssa Sabrina Borraccia