L‘intelligenza emotiva è quella capacità di saper riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri e che ci guida con successo nel mondo esterno. Si tratta di una funzione molto utile da insegnare ai nostri figli, al pari dell’intelligenza cognitiva e il luogo dove in assoluto è più importante farlo è proprio all’interno della famiglia! I genitori sono infatti chiamati gli allenatori emotivi dei figli! In questo articolo vorrei illustrarvi il perché è importante aiutare i nostri bimbi a sviluppare l’intelligenza emotiva; poi vi parlerò di Goleman, pioniere del settore e cercherò concretamente di portarvi degli esempi pratici da attuare coi vostri figli per favorire lo sviluppo dell’intelligenza emotiva!
L’intelligenza emotiva è una funzione molto utile da insegnare ai nostri figli, poiché si è visto che li fa vivere molto meglio e li rende più capaci di adattarsi al mondo esterno. John Gottman, esperto psicologo statunitense, oltre ad avere scritto numerosi libri inerenti tali argomenti tra cui uno molto bello nel 2015 proprio sull’intelligenza emotiva (Intelligenza emotiva per un figlio. Una guida per i genitori), ha effettuato nel periodo antecedente l’uscita del libro una ricerca molto interessante su questa competenza. I risultati hanno sottolineato che i bambini con un’intelligenza emotiva elevata avevano rispetto ai loro coetanei prestazioni molto alte a scuola, una buona salute fisica, relazioni coi pari soddisfacenti, rapporti d’amore altrettanto appaganti e comportanti sociali adeguati ed efficaci!
Goleman è lo psicologo che ha descritto meglio e parlato in maniera più approfondita dell’intelligenza emotiva suddividendola in 5 componenti fondamentali: la consapevolezza di sé, l’autoregolazione, la motivazione, l’empatia e le abilità sociali. Qui di seguito cercherò di spiegarvi più nel dettaglio che cosa siano queste componenti e poi vi illustrerò qualche strumento concreto e utile per favorire il loro sviluppo nei vostri bimbi!!
Si intende la capacità di comprendere i propri stati d’animo, differenziare le varie emozioni e capire il perché si provano.
In questa fase di vita il bambino è ancora molto piccolo; gradatamente impara a comprendere alcuni bisogni fisiologici come la fame, la sete, il sonno ed inizia ad esprimere i primi versi. Può essere molto utile in questo periodo parlare a nostro figlio, rispondere ai suoi versetti come se fosse un nostro pari e potesse capirci. Tutto ciò contribuisce innanzitutto allo sviluppo della sua parte cognitiva: parlandogli noi lo consideriamo da subito come persona separata con una propria mente e un proprio pensiero; lo aiutiamo anche a familiarizzare con le emozioni. Noi siamo il suo specchio e attraverso ciò che diciamo impara qualcosa di sé, incluse le emozioni; se ad esempio mostra felicità nel vederci possiamo dirgli: “Ma come sei felice a vedere la mamma..sei proprio contento”.
In questa fase di età, mano a mano che nostro figlio inizia a parlare, rispondere e interagire sempre di più possiamo rivolgergli le seguenti domande: “Come stai oggi?“, “Come ti senti in questo momento?”. Se, come spesso accade, nostro figlio ancora non riesce a dirci cosa prova o come sta anche a modo suo dobbiamo aiutarlo fungendo da specchio con le parole ma soprattutto con la mimica: “ti vedo teso…il tuo viso è serio, scuro…(intanto mimiamo) mi sembri arrabbiato..”. Piano piano nostro figlio inizierà a notare delle emozioni anche in noi (mamma arrabbiata?) e a quel punto faremo lo stesso lavoro. L’obiettivo è quello di aiutare il nostro bimbo a prendere confidenza con le emozioni anche nel corpo, a capire che le emozioni sono diverse e che tutte vanno bene sia le positive che le negative!
In questa fascia d’età oltre agli interventi della fase sopra, si può iniziare a condividere coi figli dei libri sulle emozioni; ce ne sono moltissimi (Io più te fa noi di Alberto Pellai, 6 folletti nel mio cuore di Rosalba Corallo..), a voi il divertimento nello scoprirli e leggerli coi vostri bimbi! Dalla lettura è possibile sviluppare altre attività da condividere assieme, alcune più spontanee tipo domande, confronti tra mamma e figlio, altre più strutturate e proposte dai libri. Può essere utile anche utilizzare il disegno, che magari rappresenti lo stato d’animo di nostro figlio: “Come ti senti ora Giulio? Mi sembri arrabbiato….ora prova a disegnare la rabbia che provi su questo foglio bianco”. Se siete interessati ad approfondire alcuni interventi da attuare sulle emozioni potete leggerli più nel dettaglio nell’articolo che ho scritto sulle paure dei bambini.
In questa fascia d’età oltre al riconoscimento verbale delle emozioni che noi possiamo continuare ad effettuare coi nostri figli, all’uso dei libri e anche del disegno, è possibile aiutarli anche a riconoscere il collegamento tra un’emozione provata, qualcosa che si è pensato e dei comportamenti che si sono messi in atto. Questo perché diventerà sempre più importante che nostro figlio capisca che alcune emozioni portano a pensare a volte in maniera illogica e a comportarsi di conseguenza. Tutto ciò lo possiamo fare servendoci ad esempio di questo diario da compilare magari assieme, per poi confrontarci in un secondo momento per capire dove ci complichiamo la vita!!
SITUAZIONE | EMOZIONE | PENSIERO | COMPORTAMENTO |
Sono in piscina e devo fare un tuffo, ma non voglio. | Paura | Se mi tuffo lo farò male e tutti mi prenderanno in giro | Evito di tuffarmi. Non vado più alle lezioni di nuoto. |
Si intende la capacità di controllare e regolare le proprie emozioni, alla base dell’intelligenza emotiva.
La capacità di controllare le proprie emozioni parte dalla famiglia, che rappresenta il vero modello per il bambino. Questo significa che, ad esempio, se i genitori urlano spesso tra di loro e tendono ad affrontare molte discussioni alzando la voce, non possiamo pretendere che nostro figlio impari a controllare le proprie emozioni di rabbia e frustrazione ogni volta che viene sgridato! Anche lui tenderà a reagire urlando a sua volta!
Una volta che nostro figlio ha imparato a riconoscere ciò che sente, a dargli un nome, a capire come si manifesta nel corpo, deve imparare a regolarla, cioè ad esprimerla in modo adeguato. Tutto ciò può essere favorito dalla presenza di un adulto che con tono calmo, ma deciso orienta il bambino a manifestare in maniera diversa ciò che sente.
Supponiamo che nostro figlio a seguito di una provocazione del fratello gli abbia tirato un pugno facendogli male. L’adulto vicino può, una volta che il bimbo ha smesso di attivarsi ed essere molto arrabbiato, fermarlo e porgli le seguenti domande:
“Ora Marco proviamo a capire insieme cosa è successo e cosa avresti potuto fare diversamente. Intanto come ti sei sentito quando tuo fratello ti ha provocato?” Risposta: male..mi sono innervosito “E quindi cosa provavi? eri forse arrabbiato” Risposta: si moltissimo..non ci ho più visto, non ho pensato più a niente e così gli ho tirato un pugno! “Pensi che sia giusto ciò che hai fatto?” Risposta: eh..no..ma ero proprio arrabbiato. ” Cosa avresti potuto fare di diverso” Risposta: forse avrei potuto dirgli che quando mi prende in giro mi fa arrabbiare molto..e se non bastava potevo andarmene e prendere a pugni il mio letto..per calmarmi”!
Esistono diverse attività che possiamo insegnare come aumentare il movimento fisico (sia come sport ma anche come attività fisica da svolgersi in casa), avere sotto mano delle palline anti-stress o oggetti con funzione simile, imparare una forma di rilassamento, costruire la scatola della calma. In quest’ultimo caso possiamo prendere una scatola, individuare quali oggetti rilassano nostro figlio, metterli dentro e proporgli di utilizzarla tutte le volte che si sente agitato.
Per motivazione si intende la capacità di persistere e raggiungere un obiettivo anche di fronte a delle avversità.
L’intelligenza emotiva si impara dalla famiglia anche nel modo in cui questa affronta le avversità per raggiungere uno scopo stabilito. Genitori che si manifestano tenaci e rimandano al figlio l’importanza di non mollare di fronte alle difficoltà per raggiungere ciò che si desidera, favoriranno certamente un’alta motivazione nei propri figli.
E’ importante da subito rimandare ai nostri figli l’importanza di saper aspettare, ogni tanto, prima di ottenere qualcosa che desiderano. Lo si può fare sia prendendo noi genitori come modello, sia aiutandoli nelle loro richieste; ad esempio si può accontentarli subito per qualcosa, mentre per altre si può promettere che arriveranno nel momento in cui si compiranno alcuni passaggi (la caramella te la do quando hai finito di cenare/ questo robot lo compreremo al tuo compleanno).
L’importante è che i nostri figli al di là degli obiettivi che si prefiggono, sappiano che nella vita ci possono essere delle sconfitte, che tutto ciò va accettato e ha del positivo: contiene un insegnamento per capire cosa non ha funzionato e riformulare meglio altri obiettivi da raggiungere!
L’empatia è un’altra funzione facente parte dell’intelligenza emotiva e consiste nella capacità di comprendere le emozioni negli altri.
Intorno ai 7/8 anni il bambino inizia ad uscire dal suo “egocentrismo” e ad interessarsi maggiormente agli altri. Quello che come genitori possiamo fare è rivolgere spesso a nostro figlio domande che lo aiutano a comprendere le emozioni degli altri: “quando il tuo amico ti ha chiesto di giocare e tu gli hai detto di no come si deve essere sentito?” “Come pensi si sia sentito tuo fratello quando gli hai rotto il suo gioco preferito?”. Tutto ciò se attuato con costanza contribuirà a favorire lo sviluppo dell’empatia nei nostri figli.
Si intendono quelle capacità che portano nostro figlio a sapersi relazionare con gli altri, saper ascoltare, comprendere e apprezzare le loro qualità.
Dobbiamo aiutare i nostri figli ad esprimere con gli altri i propri bisogni e ciò che pensano sia giusto per loro senza imbarazzo né aggressività.
Si tratta della migliore forma di comunicazione e consiste nel difendere i propri diritti, esprimendosi in prima persona, senza avere paura di ciò che si dice e proteggendosi dagli altri. Se, ad esempio, un compagno di classe interviene sempre al posto nostro e non ci dà la parola potremmo dirgli: “quando intervieni così spesso al mio posto mi sento messo da parte perché non riesco ad esprimere il mio pensiero”.
Può essere utile insegnare ai nostri figli delle tecniche di comunicazioni o dei comportamenti finalizzati a destreggiarsi con gli altri soprattutto in situazioni difficili. Ad esempio coi bimbi molto timidi è opportuno aiutarli ad esprimersi e a farsi rispettare dagli altri, insegnando loro certe frasi o comportamenti che possono attuare; lo stesso si può fare coi bimbi invece più aggressivi: in questo caso il lavoro sarà opposto!
Che ne pensate? Avete trovato interessante qualche punto? Se volete pormi delle domande o confrontarvi con me non esitate a contattarmi via mail, per telefono o via Skype!
A presto!
Dott.ssa Sabrina Borraccia